– SCROLL DOWN FOR THE ENGLISH VERSION –
1. COME E QUANDO HAI INIZIATO A METTER DISCHI?
La mia prima esibizione come dj in un locale pubblico risale all’estate 2007 in un bar sulla spiaggia a Eraclea Mare a pochi km da casa mia, mentre la prima volta in cui ho messo effettivamente mani su una console era il 2004 all’età di 15 anni. Mi sono convinto di voler provare a fare il dj a cavallo tra il 2004 e il 2005 dopo essere stato ad una festa con alcuni miei coetanei dove la musica non mi piacque per nulla. Pensai che la soluzione più semplice per ascoltare la musica che più mi piaceva ad una festa fosse quella di occuparmi direttamente della selezione musicale!
2. DA DOVE TRAI LA TUA ISPIRAZIONE?
Da dove traggo l’ispirazione per fare delle determinate cose nel modo in cui le faccio? Ispirazione per fare cosa? Per vivere? Per tracciare un segno su un foglio bianco? Per accostare due dischi in un dj set? Sinceramente non saprei, non credo esista un determinato momento in cui penso: “devo farmi venire l’ispirazione e so che per farmela venire devo andare in quel posto, leggere quel libro, parlare con quella persona, ecc”. Ma certamente, ci sono dei luoghi, dei libri, delle persone che mi ispirano. Rubando le parole ad un architetto che ammiro, mi sono reso conto in questi anni che sto vivendo la mia vita come un atto formale. La mia vita è la mia opera, e all’interno di essa ricadono tutte le mie attività, dalla più banale alla più complessa. Da dove traggo continuamente l’ispirazione per vivere la mia vita come un’opera? Nel passato, dalla rielaborazione di ciò che ho fatto e che mi è accaduto cercando di trarne insegnamento, nel presente, da chi o da che cosa ha il potere di farmi sentire vivo, nel futuro, dalla convinzione che devo coltivare la pazienza alla ricerca del senso, non del consenso, in ciò che faccio.
3. PARLACI DI “BPR”, BASSO PIAVE RESISTANCE ..
Ad ora, credo che BPR sia lo pseudonimo sotto il quale da circa due anni alcuni ragazzi hanno trovato un senso di riconoscimento e di appartenenza che li accomuna. La musica è evidentemente il fattore predominante che ha dato vita a BPR ma credo sia riduttivo individuarne nella musica il motivo esclusivo della propria esistenza. La musica è più che altro il linguaggio attraverso il quale BPR si esprime. Penso che BPR attualmente non sappia ancora cosa sia e non so se mai lo saprà in modo ben definito. Personalmente, spero che ognuno trovi in BPR un luogo nel quale coltivare la propria Resistenza che, seppur declinata in maniere differenti, è ciò che ne garantirà la sopravvivenza negli anni a venire. Si è creata molta empatia e simpatia nei nostri confronti, e ci viene riconosciuto il fatto di vivere la musica e il djing in un modo che fa stare bene le persone e questo lo percepisco chiaramente ogni volta che qualcuno di noi si esibisce. Sono molto orgoglioso dei ragazzi da questo punto di vista. C’è da dire, però, che la gestione del gruppo da parte di tutti noi è molto difficile. Abbiamo un’età che va dai 23 ai 29 anni, abbiamo vite differenti e chissà, potremmo disperderci anche in breve tempo… Penso che i prossimi mesi saranno decisivi per capire tra noi quale sarà l’indirizzo da prendere e per capire se ci sarà una volontà comune e un progetto condiviso.
4. QUALI SONO I PRODUCER CHE STAI SEGUENDO IN PARTICOLARE IN QUESTO MOMENTO?
Tra i producers, su tutti, Plant43. Le sue composizioni riescono a penetrare le parti più insondabili della mia anima. Premettendo che negli ultimi due anni mi sono interessato molto di più all’architettura e che quindi ho assistito dal vivo a poche esibizioni, il dj set migliore che ho ascoltato in questo periodo è quello di Sadar Bahar all’ ://About Blank di Berlino a fine 2015. Come live scelgo invece quello di Parassela (Blawan + The Analogue Cops ndr) al Crispy a Porto Marghera di marzo 2017. Tra i miei amici mi permetto di segnalare Autre, veneziano di origine ma ormai da qualche anno residente a Berlino, e Shaded Explorer, di Udine, due artisti di caratura internazionale e che hanno il mio più totale rispetto e che mi auguro raccolgano in futuro ciò che meritano. Abilissimi in live, il loro territorio naturale, sono bravissimi anche nei dj set. Le loro composizioni mi fanno scoprire sempre qualcosa di nuovo. E in più, sono delle persone magnifiche. Il massimo. Un altro nome: Steve Murphy. Rappresentante del gruppo The Sound Of Brenta, residente in un territorio di confine tra le province di Padova e Venezia, lui per me rappresenta il massimo, tra i dj che conosco di persona. E anche le sue produzioni sono sempre presenti nella mia borsa dei dischi. Tra gli artisti di fama mondiale al primo posto dei miei ascolti metto Fred P. aka Black Jazz Consortium. Ogni suo disco, dj set, podcast, catturano la mia attenzione. E’ uno di quegli artisti che mi ha cambiato la vita. Poter condividere la console con lui 3 anni fa a CirQ è stata una delle più grandi emozioni abbia mai provato.
5. RACCONTACI DELLA TUA PASSIONE: L’ELECTRO
La mia passione per l’electro è una delle mie passioni in ambito musicale, non l’unica. Ho sempre ascoltato tutti i generi della musica elettronica con uguale attenzione anche se, per semplificare al massimo, sono sempre stato più tendente verso la techno piuttosto che verso l’house. All’interno della techno, ho ascoltato di tutto: quando ho iniziato ad andare in discoteca andava molto la minimal e tutta la scena che ruotava attorno a Richie Hawtin. Internet 10-15 anni fa non era quello di oggi e ciò che ascoltavi dipendeva molto anche da dove vivevi e da quali artisti venivano ad esibirsi in zona. Io ho passato la mia prima adolescenza al Muretto di Jesolo che dista da casa mia 15 km. C’era un artista che, cascasse il mondo, non potevo perdermi quando veniva ad esibirsi: Miss Kittin. Penso che da lei venga il mio primo innamoramento verso il genere electro. Ah, i Daft Punk e i The Chemical Brothers penso di non doverli nemmeno nominare, i loro cd nel mio lettore panasonic si sono letteralmente consumati sin dalla quinta elementare, lo ricordo bene. Alle superiori, ho ascoltato molto pure Trentemoller. A differenza della maggioranza dei miei coetanei dell’epoca non mi sono mai appassionato invece alla scena electro che ruotava attorno alla Dim Mak Records o alla Ed Banger Records. Veniamo ora ai Drexciya. La prima volta che ho ascoltato consapevolmente un loro disco è stato nel 2010, Digital Tsunami, e pensai: “cazzo, questa roba è veramente fenomenale!”. Ma mi ci volle ancora del tempo prima di iniziare ad approfondire seriamente e a capirne qualcosa. Nei miei dj set dell’epoca non me la sentivo di poter selezionare certa musica e quindi fino al 2012 realmente non ho mai proposto un certo tipo di sound. Ma appena iniziai a farlo, è sembrato a me, e forse anche a qualcun altro, che lo facessi da più tempo. E in effetti, la fascinazione per un certo tipo di suono era di qualche anno precedente.
6. COSA TI ASPETTI DA PARTYHARDY?
Riguardo alla serata specifica che mi aspetta non saprei proprio! Per me questo è un bene, mi piacciono le sorprese (soprattutto quelle di cui ho il sentore che saranno belle sorprese aha)! Non sono mai stato a un PARTYHARDY e di solito l’electro non è certamente il genere protagonista della serata e quindi penso sia difficile per me farmi un’idea. Ma, avendo visto gli ospiti che già sono stati chiamati ad esibirsi, e gli ospiti che dovranno venire in futuro non c’è dubbio che ci sia un’attenzione particolare da parte della direzione artistica e da parte del pubblico che viene alle serate. Personalmente cercherò di non mancare assolutamente anche all’evento successivo al quale mi esibirò, dove l’ospite sarà Passenger. Non lo conosco di persona ma lo seguo da parecchio, grazie anche ad Electronique.It che, riprendendo la domanda di prima, è uno dei canali principali dai quali la mia passione per l’electro si è nutrita negli anni.
7. SE DICIAMO DREXCIYA E JAMES STINSON ..?
Eh… te lo dico chiaramente: non mi ritengo degno di poter dire qualcosa su di loro che non sia di carattere puramente soggettivo e personale. Ci sono degli incontri che ti cambiano la vita. Non esagero: essermi imbattuto nella loro musica e il successivo approfondimento che ne è scaturito mi ha cambiato la vita. Mi è abbastanza facile indicare le persone, i dischi, gli avvenimenti, che mi hanno cambiato la vita. Sono una persona che, pur riconoscendo l’esistenza delle mezze misure e la loro utilità nell’affrontare la vita quotidiana, riesce a vivere solo negli estremi. Bianco o Nero. Questa mia modalità di vita se mi è di grande ostacolo da una parte, dall’altra è una sorta di sesto senso che mi permette di capire sin da subito se qualcosa o qualcuno d’importante sta per incrociare la mia strada. L’incontro con con la musica dei Drexciya è stato uno di questi avvenimenti, un’epifania. Passando ora alla figura di James Stinson, è fuori di dubbio che la saga drexciyana si sia arricchita anche dell’incredibile storia di quest’uomo e dalla sua fine prematura, rendendolo di fatto un mito. Morto qualche giorno prima di compiere 33 anni, in un decennio ha scritto la storia della Detroit Electro-Techno. I più grandi artisti, in qualsiasi campo, hanno alcuni lati in comune e vorrei sottolinearne due che hanno a che fare con la dimensione Tempo: il primo, è che le grandi opere e i grandi artisti che hanno prodotto tali opere non appartengono a nessun tempo, sono atemporali. Sono di sempre. Più un’opera cerca di essere accondiscendente verso il tempo in cui viene prodotta, più sarà inesorabilmente invecchiata già un secondo dopo di quando sarà stata consegnata alla storia. La musica di Stinson, e dei Drexciya, vivrà in eterno e anche fra cent’anni un altro ragazzo come me vi potrà trovare delle risposte al suo interno. Il secondo lato, che sembra contrapporsi al primo a una lettura superficiale è questo: un’opera per essere senza tempo, e perciò di tutti i tempi, deve poter nascere solamente in quel determinato momento in cui è nata. L’importanza del Momento. E anche James, in un’intervista rilasciata a “The Techno Connection” nel 1995 diceva:
“Il motivo per cui diamo a molte delle nostre tracce titoli riferiti al mondo acquatico, è perchè le onde sono in costante cambiamento. Si muovono in molte e diverse direzioni, ed è così che noi concepiamo la nostra musica. Non segue un cammino monodiretto, ma ti porta all’avventura muovendosi costantemente in questa o quella direzione. Registriamo sempre dal vivo, perchè vogliamo catturare il momento, quel momento, quello spirito, quell’energia. Non potremmo mai ricreare uno dei nostri dischi, sarebbe impossibile. Ogni traccia Drexciya è diversa dall’altra. Ti trasporta verso uno spazio mentale nuovo, conferisce stati d’animo diversi ogni volta. È con la tua personalità che ci confrontiamo, le tue emozioni. Cerchiamo di farti aprire la mente e ascoltare i suoni, sperando che tu poi possa essere in grado di disegnare un’immagine nella tua mente. È questa l’essenza del tutto”.
8. QUAL’É IL TUO POSTO PREFERITO PER ASCOLTARE MUSICA?!
Dipende. Ritengo sia necessario ascoltare più musica dal vivo possibile ma mi rendo conto che a volte le situazioni live non siano soddisfacenti per un ascolto ottimale. Qualsiasi luogo pubblico adibito ad accogliere un gruppo live, un dj set o altro è il migliore posto al mondo se vi si può ascoltare bene la musica. Personalmente amo ascoltare da solo la musica. Al buio. Cerco di evitare le distrazioni in tal senso. Mi piace andare con gli amici a una serata, sia chiaro, ma una volta arrivati nel locale se la musica è di mio gradimento voglio stare da solo. Mi piace stare da solo in mezzo agli altri. Insomma, se parli mentre c’è della musica vuol dire che ti stai annoiando e/o che non sei concentrato sulla musica in sé. Negli anni avevo adibito una stanzetta con i miei dischi e la mia console nel capannone dove aveva sede l’impresa edile di mio padre. L’ho smantellata un anno fa ma a giorni penso la ripristinerò per un mesetto per registrare il mio prossimo podcast. L’ho chiamata, senza troppa fantasia, Windowless room. Una stanza di neanche 10 mq, con 3 porte, senza finestre. Quello era per me il miglior posto al mondo per ascoltare musica.
9. PROIEZIONI FUTURE?
Mi appresto nei prossimi giorni ad iniziare la mia tesi di laurea in Architettura (frequento lo IUAV di Venezia) oltre che a un nuovo podcast, quasi 1000 giorni dopo l’ultimo che ho registrato. Nel 2018 spero di riuscire a gettare le basi insieme a un mio amico per un’esperienza duratura come soci nel campo dell’architettura. Per ciò che concerne la musica c’è qualcosa in ballo sempre per il prossimo anno. Dovrei essere collaboratore alla direzione artistica e dj resident di un party ma non posso dire di più, anche perché veramente è ancora tutto indefinito. Proiettando la domanda qualche anno più in là posso dire che ho una visione abbastanza distopica del futuro. Spero possa bastare questo aggettivo come risposta. In realtà è una non risposta. Fortunatamente non mi avete chiesto che visione ho del presente…
10. BOSKA VS. THE PRACTICE OF DEATH
Come avrete notato non ho capacità di sintesi quando mi esprimo. Per me la sintesi massima è l’empatia, il silenzio, il capirsi al volo. Se devo spiegarmi e raccontarmi divento prolisso. Cos’è la the Practice of Death? Il disegno intitolato “The Practice of Death” è di un architetto americano, John Hejduk. A fine 2014 cominciai la laurea specialistica in architettura dopo due anni di interruzione dagli studi universitari e, passati nemmeno due mesi dal mio ritorno, abbandonai per un peggioramento della mia depressione. Sarei finito in una clinica psichiatrica nonostante io fossi contrario ma, fatalità, un ragazzo che avevo conosciuto anni prima alla facoltà di architettura in quei giorni tornava dalla Svizzera dopo un’esperienza lavorativa. Mi disse che voleva incontrarmi. E a cavallo tra il mese di dicembre 2014 e di gennaio 2015 facemmo un progetto insieme, progetto che si fondava sullo studio appunto della figura di John Hejduk. Questa persona è il ragazzo col quale tenterò un’avventura comune nel campo dell’architettura a partire dal prossimo anno. Quei due mesi mi servirono per recuperare fiducia in me stesso e per tornare all’università. Ma, dopo poche settimane, la mia depressione tornò a peggiorare. Stavo intuendo che le mie modalità di progettare erano diametralmente opposte a quelle della maggior parte dei miei compagni di corso e che di fatto ti vengono imposte dalla struttura organizzativa universitaria. O abbandonavo, o avrei dovuto fare di testa mia, mettendoci molto più tempo, sbattendo la testa contro muri, ecc. In aprile di quell’anno, il 2015, sulla base di tutto ciò, feci un podcast utilizzando come immagine appunto il disegno di John Hejduk.
- Prima traccia: The Other People Place – You Said You Want Me;
- Ultima traccia: Fred P. aka Black Jazz Consortium – Far Away (Atmospheric Pass).
La prima traccia si riferiva all’avvenimento più importante accadutomi in passato, esattamente un anno prima, l’ultima traccia invece era un’esortazione che facevo a me stesso. In più, decisi che non avrei fatto nessun altro podcast fino a quando non avrei consegnato i tre progetti previsti dal mio corso di laurea specialistica in architettura. L’ultimo, l’ho consegnato proprio due giorni prima della mia imminente esibizione a Partyhardy. Letteralmente the Practice of Death significa Pratica della Morte e non è difficile intuire la traslazione di senso che si può fare. Morte come rinascita. E’ un tema ricorrente nella storia dell’uomo. The Practice of Death è l’alias col quale ho realizzato questi tre progetti di architettura. Seguirà un podcast con lo stesso pseudonimo che uscirà il giorno 2 novembre, al termine del quale the Practice of Death giungerà a conclusione.
Facebook Page Daniele Boscarato – BOSKA \ THE PRACTICE OF DEATH intw. 09.2017 Family House.
Credits photo:
01. Sebastiano Pesce, foto @ Crispy (Padova) 14/12/2013
02. Enrico Zaninotto, foto @ One Eyed Jack (Udine) 31/10/2016
Il disegno: “The practice of death” dell’architetto John Hejduk tratto dal libro “Soundings: a work by John Hejduk” edito da Rizzoli nel 1993
– ENGLISH VERSION –
1. HOW AND WHEN DID YOU START TO DJ?
My first appearance as a DJ in a public place dates back to summer 2007, at a beach bar in a seaside resort a few km from home, Eraclea Mare. Whereas, the first that I physically put my hands on a DJ console was in 2004, at age 15. I decided to try and become a DJ after going to a party, organized by some peers, and not liking the music a tiny bit. I then thought to myself, that the most natural solution to listen to music I’d like would have been taking care of the musical selection myself.
2. FROM WHERE DO YOU DRAW INSPIRATION?
Do you mean where I draw inspiration from to do things the way I do
them? Inspiration to do..what? To live? To mark a sign on paper? To beat-match
two records in a DJ-set? Frankly, I don’t have a definitive answer. I don’t
think there exists a defining moment in which I say to myself: “OK, I need
some inspiration, and in order to get it I need to go to a specific place, read
a specific book, talk to a specific person, etc.”, it doesn’t work like
that.
For sure, there are some places, some books and some people that inspire
me…To quote an architect I admire, I realized how, in the last few years, I’m
living my life as a formal deed. My life is my endeavor, and every activity,
from the most complex to the most ordinary, are bound to it.
Where do I get the inspiration from, to live my life as an endeavor? I guess on the one hand it’s my past. by re-elaborating anything that I’ve done or what happened to me and trying to learn from it On the other hand, my present, trying to feel the positive vibes coming from whom and what has the power to make me feel alive. Last but not least, the future: the firm belief that I need to educate myself in the art of patiently looking for the meaning of things I do, rather than others’ approval.
3. TELL US ABOUT “BPR” OR BASSO PIAVE RESISTANCE …
To this day, BPR is the pseudonym under which a group of people shares a sense of recognition and belonging. Music is de facto the main reason for this project to exist, but I think it’d be reductive to identify music as the only reason. Music is mainly the language with which BPR, the collective, expresses itself. Personally speaking, I don’t attribute a too high degree of self-assurance to ‘BPR’ the group as a whole. Indeed what BPR ultimately stands for and its self-consciousness may remain blurred all the way through. I hope that each member, old or new, will be able to relate to ‘BPR’ as a realm where to cultivate his/her sonic-and-beyond resistance: it’s the only way to guarantee the continuation of the project in the long term. In any case, a great deal of empathy and fondness has grown between all of us and the people we reached, and they give us credit for living music and dJing in a way that does not feel fake. I sense that anytime one of the member plays records at a party. And that makes me very proud.
Nevertheless, the managing of the group has been, at times, very hard. We’re all aged between 23 and 30, all with different lives so who knows, we might even scatter sooner than expected. The next few months will be decisive as to understand which the direction and how strong the collective will is.
4. WHICH ARTISTS ARE YOU CURRENTLY LISTENING TO THE MOST? ANY FAVOURITE DJ OR LIVE-SET?
Among producers Plant43 definitely stands out. His tracks always manage to tickle the most recondite sides of my soul. As far as DJ and live performances are concerned, I must say that in the last two years I’ve been dedicating most of my time to the study of architecture; therefore I listened to way fewer acts than I would’ve liked to. The best DJ-set that comes to my mind was by Sadar Bahar at the end of 2015 at ://About Blank in Berlin. As best live-set I’d choose the one by Parassela aka Blawan and The Analogue Cops of March 2017 at Crispy in Porto Marghera (the industrial area just outside Venice). I’d also allow myself to pick some favorites among friends of mine who are also either DJs or producers themselves. Autre, for example, who is originally from Venice but moved to Berlin a few years ago, and Shaded Explorer from Udine, two producers of international appeal that have my fullest respect and to whom I wish all the best for the upcoming future. Their productions are extremely accurate and effective both when performing live or in a DJ-set, plus they’re both beautiful people I simply love to share my time with. Another name I’d like to pick is that of Steve Murphy. He is a founding member of the so-called The Sound Of Brenta – a group of producers spiritually lead by Lucretio, and that was able to cut a niche for itself, in the broad realm of contemporary electronic music- and he resides in a border territory between the provinces of Padua and Venice. To me, among my personal connections, he represents the epitome of the DJ, and at least one of his records is too always in my bag. Talking about internationally acclaimed Djs the first coming to my mind is Fred P. aka Black Jazz Consortium. Each and any of his releases, DJ-sets, podcasts always catch my attention on a deep level. He is truly one of those artists who changed my life and the way I perceive and select music.
You can imagine how guttered I was the first and only time I had the honor to share the decks with him, 3 years ago at a club and party series here in my surroundings called ‘CirQ’.
5. TELL US ABOUT ONE OF YOUR BIGGEST PASSIONS: ELECTRO MUSIC
My passion for electro is just one of the many that I have concerning music. Even only within electronic music, I always tried to give all of the different genres the same attention, while being prone to preferring Techno over House music. When I first started to go to clubs, minimal Techno was very popular, especially the scene gravitating around Richie Hawtin. Back then, so between 10 to 15 years ago, the internet wasn’t as widespread as today: where you lived and the artists booked in your area, would massively influence the kind of music you’d be listening to. I spent much of my teenage years going to a club called ‘Il Muretto’ situated in the seaside resort of Jesolo, less than 10 miles away from home.
I remember there was one DJ I couldn’t miss a single set of, no matter what, and it was Miss Kittin. I think from there I initially fell in love with Electro music. Surely Daft Punk and The Chemical Brother are other obvious influences: I literally consumed their CDs I had, and during High School, I was also listening to Trentmøller a lot.
Contrarily to what most of my peers did, I never engaged with the electro-pop scene that rose from the birth of such labels as ‘Dim-Mak’ and ‘Ed-Banger’. The next big step was naturally Drexciya. The first time I had the chance to consciously listen to one of their records – it was 2010 – I completely went Berserk while listening to ‘Digital Tsunami’. I thought to myself: ‘omfg this sh*t is simply phenomenal!!’. Surely I would need some more time to get into it seriously and start deepening my knowledge about their project, aesthetic, message, and philosophy. So it wasn’t until 2012 that I felt like I was able to select this kind of music during public DJ-sets. As soon as I had started, it felt like a natural thing, like if me and electro music had been mutual friends for a long time and many attendees of parties where I was playing records told me the same.
6. WHAT DO YOU EXPECT FROM PARTYHARDY?
I really don’t have any expectations regarding PARTYHARDY , since I’ve never been to one of them before. As far as I know, electro music is not exactly the core genre of that party series, so it’s tough for me to figure out anything. But that’s OK because I like suspense, surprises, especially if I got the feeling that it’s going to be good ones!
I had a look at the previous lineups as well as at the upcoming program, and what emerges is remarkable attention towards quality and variety. The fact that the audience is responding well gives a promising feeling. I’ll also try not to miss the party following that of my appearance, where Passenger is going to show up. I’ve been following his music and selections for a while now, mainly through the Electronique.It blog which is, by the way, one of the channels through which I nurtured my passion for electro during the last years.
7. TACKLING THE SUBJECT MATTER DREXCIYA & JAMES STINSON ..?
Erm… here’s the thing: I can’t tell you anything objectively true or revelatory about them! Just what I feel. Some encounters do change your life; I’m not exaggerating. Me stumbling upon their music and the ensuing in-depth study of it and what gravitates around it had a significant impact on myself. It’s easy for me to recognize the people, records, facts which changed the course of my life. Despite acknowledging the existence of half measures and their usefulness in everyday life, I am an out-and-out radical person. To me, it’s either Black or White. And while I recall this approach to be a nuisance more often than not, it has always acted as a kind of sixth sense, many times helping me to decipher a situation and understand if it could potentially be something/someone significant I was meeting.
In that sense, getting to know Drexciya has been a sort of Epiphany for me.
Talking about James Stinson, it is to me undoubted that his incredible and inspiring story, as well as his unfortunate and untimely death at the premature age of 33, all contributed into feeding the Drexciyan myth. He wrote a significant page of the Electro and Techno history.
Many of the greatest artists, regardless of the field of competence, do share some common features, and I’d like to underline two aspects that have something to do with the TIME dimension. First and foremost, the fact that any great endeavor/work of art does not belong to any specific time frame, it’s timeless. The more a work tries to fit in with the time it is conceived and produced, the more it will be likely to inexorably age as soon as it is revealed to the world. James Stinson’s music, and in general Drexciya’s music, will live forever. Even a hundred years from now, a youngster will be able to discover it and find some answers in it.
Secondly, a thing which apparently seems to collide with the first point, a timeless work of art/endeavor needs, in order to become such, to be conceived and produced exactly at the moment it is conceived and produced. Thus the importance of the MOMENT.
Even Stinson, in an interview he gave to ‘The Techno Connection’ in 1995 was explaining how:
“The reason why we give a lot of our tracks aquatic titles is because waves are constantly changing. It moves in so many different directions, and that’s the way we see our music. It doesn’t go straight forward. It takes you on an adventure. We record all our stuff live. You have to capture that” moment, that spirit, that energy. We could never recreate one of our records. Every Drexciya record is different. We’re dealing with your personality, your emotions. We try to get you to open your mind up and listen to the sounds, and hopefully then you can paint a picture in your mind. That’s what it’s all about..’
8. WHAT’S YOUR FAVOURITE PLACE TO LISTEN TO MUSIC?!
It depends. I do consider it fundamental to listen to as much live music as possible, but I also realize that sometimes, the quality of venues and sound systems can be pretty miserable. I do value a lot listening to music on my own, too, possibly in the darkness. It’s a way to avoid distractions whatsoever. I like to hang out with friends etc., that’s for sure, but as soon as we get to the venue and I love the music, I prefer to detach and be on my own to focus on it. I like to be on my own but surrounded by others. I’d put it this way. I mean, if you’re talking while music’s playing it either means that you’re bored or that you’re not captured by it, that it doesn’t tickle you!
During the last few years, I suited a small room inside the shed of my father’s construction company, to fit all my listening needs. Some shelves to store my records, a mixer, and two turntables. I called it, without much fantasy, ‘Windowless Room’.
Last year I took everything out of the room, but I might as well put it back in for a month or so, to record my next podcast. I really can concentrate the best in there, you know, it’s around 110 sq ft, three doors, no window, just me and the grooves…
9. WHAT’S COOKING FOR THE FUTURE?
I’m about to start preparing my graduation thesis at IUAV University of Architecture in Venice, as well as my new podcast, as I mentioned earlier. I’m discussing the possibility of establishing a long-term collaboration in the field of architecture with a friend of mine, as well as a new party series with another friend. It’s all still to be determined, though.
As for what I’ll be doing in a few years from now, well, my vision of the world is quite dystopic so.. let’s see.
10. BOSKA VS THE PRACTICE OF DEATH
As you may have noticed, my summarizing capabilities are quite weak. To me, the highest summary form is empathy, the silence, understanding each other at first glance.
What is ‘The practice Of Death’? Well, first of it all it is a drawing by an American architect whose name was John Hejduk. At the end of 2014, I was starting my advanced degree in architecture after a two-year, post-bachelor interruption. After less than two months, I had already quit for a worsening of my depression. I would’ve ended in a psychiatric clinic, but fate it was that a uni colleague I had gotten to know during my bachelor years contacted me to propose a collaboration. And I think that saved me from sinking into a potentially dangerous mental loophole. The project was based on the study of works by John Hejduk, went on a couple of months, and helped me to regain confidence in my abilities and to get back to University.
Still, another major depressive relapse occurred. I realized my designing approach as opposed to that of the majority of my university peers, which is massively imposed organizational structures of the University. The choice would be to give up or persist, hitting heads on the wall and so on..This constellation of feelings and turbulences were accompanying me during the recording of my April 2015 Podcast, for which I chose a John Hejduk design as a cover picture.
First track: The Other People Place – You Said You Want Me; Last track: Fred P. aka Black Jazz Consortium – Far Away (Atmospheric Pass).
The first track recalls the critical event that came up in the past, precisely one year before the recording of the podcast, whereas I chose the last track as a sort of self-encouragement, self-urging track. The ‘Practice of Death’ is to me quite self-explanatory as a signifier or meaning carrier — death as a rebirth. Indeed a common theme in the history of humanity. The Practice of Death is also the moniker under which I designed to sign my three latest architectural projects…
Daniele Boscarato – BOSKA \ THE PRACTICE OF DEATH intw. 09.2017 Family House.
English translation by The Sonic Interpreter.